Giordano Cieli è un bravo ragazzo. Lavora al Ministero (non si sa quale), ha una fidanzata tremendamente querula e infelice e abita a Malafede, quartiere residenziale alla periferia di Roma, panoramico e verdeggiante, ordinato e silenzioso, tutto quello che una giovane coppia può desiderare in questi tempi grami.
Giordano ha un solo cruccio, l’infelicità paterna,e, una domanda speciale. Per questo, ogni sera, prima di andare a letto accanto a Vittoria imbottita di chissà quale ansiolitico, si attacca alla rete di un certo Pitocco e chiede on line “Cos’è la felicità? “. E’ un ottimista dalle proporzioni smodate, uno che riesce a vedere la bellezza ovunque, uno che fa delle macchie di vino sul bicchiere un bicchiere mezzo pieno. Uno che crede fermamente nelle sue palazzine color albicocca, che respira l’odore di mura prive di umidità, che ascolta estasiato il vicinato rispettoso e sorridente, bambini che non piangono mai, che guarda con soddisfazione i marciapiedi puliti e le sparute cartacce provenienti sicuramente da un altro quartiere.
Nel suo personale pentatlon in difesa della felicità dimentica tutto, la ricerca, a tratti molto marcati, diviene spasmo disperato. Una mattina Giordano apre gli occhi e Vittoria non c’è più e il suo lavoro è a rischio, la crisi investe lo stupore del suo vivere, la paura serpeggia tra le mura sempre meno spesse di Malafede, quartiere modello, “nuova centralità” che muta in periferia degradata e grondante scontento.
Addio domeniche mano nella mano a comprare inutili orecchini, addio possibilità di una vita migliore, lontana dalla propria città di origine, incattivita dal sospetto e dalla paura. Lo spettro della diffidenza aleggia adesso anche a Malafede, e Giordano, ce la mette tutta per ricredersi, finge malori per testare l’efficienza dei soccorsi, vuole ancora crederci, desidera ancora crogiolarsi in quella felicità a portata di mutuo, foraggiata dalla spesa a buon mercato, messa in scena nei non luoghi cresciuti come funghi dopo la pioggia nelle periferie ex pasoliniane.
Ma l’incantesimo si è rotto, la possibilità di essere felici si è dissolta nell’infelicità di Vittoria, nelle sue pillole ingurgitate di nascosto, nell’apatia paterna frutto solo di un vecchio amore mai più ritrovato, nel non essersene accorti, nello sconcerto per l’impassibilità del quartiere che diventa vulnerabile.
Surreale e tragico, Maurizio Cotrona narra qualcosa che sa di vissuto reale, ci mette difronte alle aspettative che partono puntando in alto e che si ridimensionano di giorno in giorno, fino a scarnificarsi quasi del tutto, fino a svanire, fino a non aspettarsi più nulla, assuefatti ad una esistenza che non ci si aspettava, strattonati tra il desiderio e la possibilità di realizzarlo. Continua a leggere →